L’approvazione del bilancio comunale è
sempre stata a Roma sinonimo di mercanteggiamento senza ritegno. Oliare
la macchina comunale, facilitare votazioni ed emendamenti, far convenire
a più miti consigli tutti i partiti e gli eletti, da sempre
contraddistingue l’iter della legge finanziaria cittadina. Ogni eletto
riceve il suo gruzzoletto, ogni consigliere può “curarsi i suoi rapporti
col territorio” forte di quel mercato politico dei soldi pubblici che è
l’approvazione del bilancio, almeno a Roma. Qualche dichiarazione forte
sui media, tanto per mantenere in vita differenze politiche inesistenti
nella realtà quotidiana, e il gioco è fatto. Salvata capra (qualche
migliaia di euro per coltivarsi il proprio bacino elettorale), e cavoli
(la propria dignità politica).
Non ci sorprenderebbe più di tanto la
notizia di un qualche finanziamento che per vie traverse raggiungesse le
più svariate formazioni neofasciste, naziste, razziste, ecc. Avviene
tutti gli anni, con ogni giunta comunale, di centro, di destra o di
sinistra. Da anni cerchiamo di smascherare questa compravendita che
consente ai neofascisti di prosperare, e a tutto il resto del carrozzone
capitolino di mantenersi in vita grazie a tale scambio economico.
Veltroni ha consentito a Casapound di stabilirsi al centro di Roma,
dunque non ne stiamo facendo una questione di centrosinistri contro
centrodestri. Il problema quest’anno però si pone in tutt’altra maniera.
Quest’anno il bilancio comunale rischia seriamente di approvare una
legge che trasferisce a Casapound 11 milioni di euro.
La questione prende una piega assolutamente differente. Non stiamo più
parlando degli imbucati di tutte le destre più impresentabili che il
Comune, sotto Alemanno, ha piazzato in ogni sede dell’amministrazione
pubblica (basti pensare agli SPQR Skin, da ribelli in bretelle a
buttafuori dei mercati rionali). Delle decine di neofascisti che
Alemanno e i suoi consiglieri e assessori hanno assunto nella macchina
comunale, molti dei quali in posizione di vertice. Casapound in questi
anni ha trovato lavoro, nel vero senso della parola, e per il proprio
datore di lavoro la riconoscenza è d’obbligo. Non è un caso, infatti,
che non si sia vista l’ombra di opposizione alla giunta comunale, in
tutto e per tutto solidale coi nostri amici nazisti. E non è un caso che
in questi giorni si sia risvegliato il senso sociale di Castellino,
altro maiale comprato a suon di centinaia di migliaia di euro dalla
giunta comunale e che in questi mesi è tornato a fare opposizione
proprio per la fine di certi favori economici da parte della giunta.
Oggi però parliamo di qualcosa di
diverso. Parliamo di undici milioni di euro, uno sproposito economico,
che verrebbero donati a Casapound comprandole nientemeno che il palazzo
al centro di Roma che l’associazione neonazista occupò nel 2003, sotto
Veltroni appunto. Qualcosa che va molto al di là delle briciole che i
neonazisti reclamano ad ogni elezione vinta dal centrodestra. Qualcosa
di inspiegabile, apparentemente. Casapound non ha alcun bacino
elettorale, non porta voti, non sposta politicamente un cazzo.
Formalmente, non ha consiglieri comunali, non ha come tramite diretto
alcun eletto, non rappresenta nessun ingranaggio della governance
capitolina. Eppure, a Casapound vengono elargiti fondi come nessuna
altra associazione, come nessun altro partito, come nessun altro
sindacato. Undici milioni di euro che vengono regalati dal comune di
Roma a un partito nazista, mentre contestualmente si chiudono i servizi
sociali, il trasporto pubblico viene diminuito e rincarato, gli asili e
le scuole pubbliche vedono una continua diminuzione degli organici, e
via discorrendo.
Insomma, per adesso i consiglieri
comunali “d’opposizione” promettono battaglia sul finanziamento, ma sarà
fondamentale monitorare attentamente la vicenda, per evitare che di qui
a qualche mese Casapound si veda assegnare nientemeno che un palazzo al
centro di Roma. Teniamolo a mente il prossimo 25 aprile, quando qualche
democratico eletto declamerà sull’importanza della resistenza e dei
valori dell’antifascismo.
Fonte: collettivo militant
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